Poesia di sto cavolo (scusate il termine) che ho scritto mentre mi sorbivo le lamentele di un'amica
Hai vagato,
mille anni o forse più …
e mai hai amato.
Hai sperato,
hai lottato,
e dal dolore hai urlato,
quando le tue speranze si sono infrante
come specchi.
“Sette anni di sfiga tutti miei …”
Hai detto a bassa voce,
un amaro sorriso
si creò sul tuo viso.
Fredde, le tue mani presero i resti
di quello specchio ormai infranto,
e la tua pelle bianca
di scarlatto
si macchiò.
Non hai mai creduto nell’amore,
e quest’anno non vedrai cambiamenti,
e subirai le risate di quei dementi.
Il tuo Orgoglio urla;
inveisce contro chi dovresti chieder scusa,
schernisce chi ti ha delusa
e ti ordina di non pensare a ciò che hai fatto,
a ciò che hai rovinato,
a ciò che non hai pensato ,
e a ciò che mai poi potrai riavere.
Ma la tua testardaggine non ha limiti!
Vorresti chieder perdono,
e non lo fai;
vorresti chieder amicizia,
e non lo fai;
vorresti …
Cos’è che vorresti?
No,
questa non è testardaggine.
Questa è pazzia!
Una pazzia che non ha limiti;
cerchi di andare avanti
senza l’aiuto degli altri,
cerchi di farti odiare
per non far star male,
cerchi di non piangere
per non abbatterti …
E ora? Cos’hai combinato?
Hai chiuso di nuovo il tuo cuore agli altri,
hai incatenato il tuo cuore con catene di spine,
ma non ti accorgi che piange?
Piange lacrime di sangue,
e ora non potrai più fare nulla,
perché hai buttato la tua chiave della felicità
negli abissi della solitudine.
Chissà, se un giorno,
qualcuno non riesca a recuperarla …
di nuovo …
e a liberare il tuo cuore,
il tuo vero io,
e quella gentilezza innaturale
all’ungo assopita.
E diciamo addio alla mia reputazione …